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Il Medico che vorrei

Nella mia ultradecennale vita di paziente ho incontrato molte malattie, serie e meno serie, e moltissimi medici.   Fatta esclusione per una manciata di loro, che veramente non arrivano a toccare le dita di una mano, di fronte a me ho trovato sempre una persona che andava al di là della malattia e al di qua del paziente.  
Fare il medico, lo sappiamo, è molto difficile.   E ancor di più lo è diventarlo: anni di studi, di libri costosi, di esami.   Essere medico non è semplicemente svolgere una professione, ma decidere di condividere la sofferenza altrui, percorrere insieme con il malato e la sua malattia tratti di strada accidentata, brevi o lunghi che siano, trovare la parola di conforto, informare senza allarmare, indirizzare e consigliare.  
Almeno è ciò che io mi aspetto da un medico, buono e bravo, perché una cosa non esclude l’altra.   E so che nell’animo sensibile di un buon medico, il dolore che si prova nel comunicare una notizia infelice può essere pari a quello che prova il paziente nel riceverla.  
Mi piace sottolineare che in un rapporto a due, in questo caso medico e paziente, la buona volontà deve essere reciproca, la comunicazione franca e onesta, e la voglia di risolvere il problema condivisa.   Sedersi “di fronte al medico” non vuol dire “contro” di lui, bensì al suo fianco.   La scrivania che ci separa è solo fisica ma non ideale.   
E voi, cosa ne pensate?

       
 
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